E’ un difficile equilibrio quello tra la libertà d’espressione e gli abusi verbali dei troll su internet. Recentemente due casi di razzismo e violenza verbale nei confronti del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama hanno riaperto il (mai chiuso) dibattito sulla violenza online.
Quando infatti Obama ha aperto il suo account personale su Twitter ha subito talmente tanti attacchi violenti e razzisti sul social che perfino il New York Times ha deciso di scrivere un articolo a riguardo mentre i servizi segreti hanno fatto visita ad una delle persone coinvolte negli attacchi. La settimana scorsa invece è stata resa pubblica la notizia che ricercando su Google la frase “la casa del negro” appare su Google Maps la foto della Casa Bianca.
Google ha immediatamente fatto sapere che la questione non era stata provocata da un maligno essere umano ma da un problema con un loro algoritmo. In pratica Google Maps associa automaticamente ciò che le persone stanno dicendo su internet con alcuni luoghi: in questo caso è probabile che nelle chat si facesse spesso riferimento alla Casa Bianca con questi toni razzisti. Il caso di Twitter invece è più complesso in quanto la violenza che ne scaturisce è di natura umana e sottolinea maggiormente i problemi che si sono creati tra troll e abusi da quando è stato creato il web.
L’industria tecnologica fino ad ora non è stata in grado di limitare gli abusi sui propri social ma i casi di violenza verbale e le denunce sono ormai così tante che l’industria è sotto pressione affinché risolva o ponga dei limiti ai trolls. Se Obama può contare sui servizi segreti, la maggioranza dei cittadini invece non ha protezione.
Per concludere: il diritto alla libertà di espressione è sacrosanto, ma bisogna trovare un modo per limitare gli abusi e i casi di cyber bullismo. Non bisogna sottovalutare le possibili conseguenze negative dal punto di vista psicologico per gli utenti, anche in giovane età, che subiscono migliaia di attacchi sui social.